L’Italia del primo dopoguerra era percorsa da lacerazioni e gravi tensioni sociali. Fra il 1919 e il 1920, non solo si assisteva alle lotte operaie e contadine durante il “Biennio Rosso”, ma anche alla formazione dei “Fasci di Combattimento”. Socialisti e fascisti, in quel periodo, si resero protagonisti di clamorosi scontri di piazza in tutta Italia. Anche nella nostra città tali scontri non tardarono a manifestarsi. Nel 1920 il PSI di Bologna vinse le elezioni comunali e Ennio Gnudi prese il posto di Francesco Zanardi come sindaco. Entrambi erano socialisti e la certezza di avere un’amministrazione vicina alle idee di Lenin per la seconda volta fece esplodere l’ira delle camicie nere. Gli squadristi, guidati da Leandro Arpinati, intrapresero delle azioni dimostrative volte ad impedire l’insediamento della nuova giunta. Il 21 novembre i fascisti si radunarono in via dell’Archiginnasio e in via Rizzoli, mentre i socialisti si erano disposti in piazza Maggiore e sotto il Nettuno, al fine di festeggiare i risultati elettorali. Per tutta la giornata la tensione restò altissima e solo un cordone di poliziotti della Guardia Regia divideva le due fazioni. Quando, poco dopo le 15, il nuovo sindaco si presentò alla piazza la situazione esplose: i fascisti cominciarono a sparare, la folla si sbandò e cercò rifugio all’interno di Palazzo d’Accursio, presidiato da alcune formazioni comuniste note come “Guardie Rosse”. Tuttavia, essi scambiarono i civili per assalitori fascisti e lanciarono dal cortile bombe a mano sulla folla causando 10 morti e una cinquantina di feriti. L’episodio, cui fece seguito l’arresto di oltre 330 simpatizzanti socialisti, non fece altro che inasprire la lotta.
Alessandro Ambrosino