Nel 1376 la comunità di Bologna con una rivolta incruenta si liberò del governo dei legati pontifici e anche se dopo pochi mesi si riconciliò con la Chiesa riconoscendone l’autorità, riuscì ad ottenere una certa autonomia dovuta anche all’incapacità della corte pontificia di far fronte alle difficoltà sorte in seguito al cosiddetto Grande Scisma d’Occidente. Nel tentativo di trovarvi una soluzione il papa si trovò incapace di far valere il suo dominio su Bologna e permise così agli organi amministrativi comunali di occuparsi dei provvedimenti necessari alla vita cittadina con una ampia libertà e di intraprendere, in un rinnovato slancio indotto dal recupero dello spirito civico e con numerosi incentivi di ripresa e di rinascita.
Il simbolo di questa rinnovata autonomia fu san Petronio ormai divenuto il patrono principale. Già nella stesura dei nuovi statuti che si redassero a seguito della rivolta del 1376 si era previsto che al santo si sarebbe dedicata una grande chiesa. Petronio era stato l’ottavo vescovo della città tra il 430 e il 450: non se ne sa molto, ma diverse tradizioni gli attribuivano la ricostruzione della città, la fondazione dello Studium e l’edificazione di Santo Stefano. Proprio nel complesso stefaniano il 4 ottobre 1141 il vescovo Enrico aveva ritrovato le sue spoglie, rinnovando il suo culto civico a soli pochi anni dalla nascita del Comune. È quasi certo che una chiesa a lui dedicata esistesse di già.
Il progetto del nuovo grande tempio fu affidato all’architetto Antonio di Vincenzo, che diede inizio ai lavori nel 1390, dopo aver demolito case, torri e chiese dell’area meridionale prospiciente Piazza Maggiore. I lavori proseguirono seguendo il progetto originario anche dopo la morte dell’architetto nel 1402 e si arrestarono nel 1479 all’altezza del presbiterio. La parte terminale e le volte ogivali della navata centrale furono infine ultimate fra 1653 e 1663. In campo edilizio la rinascita dell’ultimo quarto del Trecento lasciò altri segni indelebili quali l’erezione della sede del foro dei mercanti e la ristrutturazione del palazzo de Notai.
Filippo Galletti