Nel corso del XIV secolo una famiglia in particolare, quella dei Pepoli, legò il suo nome alla storia della città di Bologna. Questa famiglia di cambiatori e banchieri stabilitasi a Bologna già dal XIII secolo fu protagonista di una parabola politica nel corso del ‘300. Romeo Pepoli era infatti riuscito a concentrare nella sua famiglia, grazie alle sue ingenti ricchezze, le cariche del Comune in modo da poter indirizzare la politica cittadina. Il suo comportamento spregiudicato gli valse numerose inimicizie che portarono alla sua cacciata nel 1321.
Reintegrati nel tessuto cittadino nel 1327 fu compito del figlio Taddeo, dottore in diritto civile e canonico, seguire le orme del padre e, nello spazio di un decennio, la famiglia Pepoli riacquistò la sua antica potenza. Il 28 agosto del 1337 i clienti e i sostenitori di Taddeo occuparono piazza Maggiore e lo fecero eleggere, con una maggioranza assoluta di 818 contro 15, Generalis et perpetuus conservator et gubernator comunis et populi Bononie: una carica che gli riservava un potere pressoché assoluto sulla città. Nel corso del suo governo Taddeo abbandonò la politica di investimenti di Romeo e si concentrò sull’azione legislatrice che gli valse di titolo di signoria del diritto. Taddeo governò rettamente Bologna fino alla morte, sopraggiunta il 29 settembre 1347, quando gli succedettero i figli Giovanni e Giacomo sotto i quali la signoria fondata dal padre si sfaldò nel 1350. Quando, traditi dal Rettore pontificio di Romagna e indeboliti dalla crisi economica comportata dalla peste, si trovarono costretti a vendere la città ai Visconti con un contratto stipulato il 16 ottobre e già il 23 ottobre l’arcivescovo Giovanni Visconti entrava in città come suo nuovo signore.
Antonio Marson Franchini