Nel corso degli anni ’70 del XVII secolo Bologna fu teatro di sommosse e tumulti connessi all’annone e al calmiere. Lo stato pontificio aveva deciso per il rialzo dei calmieri causando una crisi in tutto il territorio cittadino. Le prime sommosse si ebbero tra 1671 e 1673 ma solo nel 1677 si ebbe una vera e propria sommossa popolare che scoppiò il 26 agosto. Le classi popolari erano uscite, a causa della nuova politica annonaria, impoverite e degradate e, cosa ancor più grave, fortemente ostili alle classi nobiliari che, al contrario, avevano potuto trarre vantaggi dalla situazione. La situazione si rese così grave che il nuovo legato della città, Girolamo Gastaldi, in carica dal 1678 al 1684, ebbe la necessità di modificare e rendere più filopopolare la politica annonaria. Questo comportò un sempre più aperto scontro tra legazione e magistrature cittadine. Gli scontri giurisdizionali tra Senato, magistrature, ceti cittadini e legato divennero così acuti da costringere il pontefice Innocenzo XI a richiamare a Roma Girolamo Gastaldi. Il problema più grande della crisi era che aveva colpito anche i monti (banche) gestiti dal Comune causando l’impossibilità di pagare gli stipendi dottorali dei maestri dello Studium. L’Università, che da circa un secolo aveva stabilizzato la propria situazione istituzionale, entrava in una crisi finanziaria che portò alla luce un dibattito politico-culturale di grande modernità. Pur di mantenere attivo lo Studium i professori si videro ridurre sia il numero di letture (le lezioni del tempo) sia lo stipendio loro comminato. Ma se il ceto dottorale accettò questa riduzione degli onorari non si può dire che la crisi fosse risolta ed anzi, ebbe notevoli ripercussioni sulla società bolognese anche nel secolo successivo.
Antonio Marson Franchini