Nel corso del XVII secolo la devozione per la Vergine di San Luca crebbe, tra 1603 e 1623 il santuario venne ampliato e il suo campanile ricostruito. L’arrivo di pellegrini in città, desiderosi di recarsi al santuario, comportò un rinnovato interesse dei notabili cittadini nei confronti del santuario. Per proteggerli dalla pioggia venne deciso di costruire un portico che permettesse un’agile ascensione al monte.
La peste del 1630
La peste del 1630 conosciuta ai lettori moderni grazie alle ampie descrizioni di Alessandro Manzoni imperversò anche nella città di Bologna. Già provata dalle carestie di inizio secolo Bologna perse quasi la metà della sua popolazione cittadina. L’epidemia fu portata a Bologna nel maggio del 1630 dai soldati lanzichenecchi giunti ad assediare Mantova nel corso della guerra di successione apertasi alla morte del duca Vincenzo II Gonzaga nel 1627.
Una nuova immagine per la città
Nel corso degli anni ’60 del XVI secolo papa Pio IV decise, attraverso l’azione del cardinal legato Carlo Borromeo e il suo vice legato Pier Donato Cesi, di donare una nuova immagine monumentale alla città di Bologna. Tra 1562 e 1563 il vice legato Cesi sovraintese alla costruzione del palazzo dell’Archiginnasio concepito come sede definitiva ed unitaria dello Studium bolognese che, dalla sua creazione, era rimasto disperso tra varie sedi.
L’incoronazione di Carlo V
Il 22 e il 24 febbraio del 1530 Carlo V d’Asburgo veniva incoronato dal pontefice Clemente VII Imperatore del Sacro Romano Impero. Con il termine della Guerra della Lega di Cognac (pace di Barcellona 1529 e pace di Bologna 1530) Bologna divenne teatro dell’ultima incoronazione imperiale realizzata da un pontefice. Il 22 febbraio veniva incoronato, ricevendo la corona ferrea, re d’Italia nella cappella Farnese di palazzo d’Accursio.
La Libertas Bononiae
Lo scontro ideologico tra il papato e Bologna comportò una reazione del milieu culturale bolognese. Con l’emanazione, da parte di Sisto V, della Bulla Confiscationis del 1588 i bolognesi si videro sottoposti al controllo diretto della Camera Apostolica. In reazione il Senato riprese ed utilizzò i capitoli di Niccolò V del 1447 per argomentare, di fronte alle azioni papali, i diritti che possedeva sull’autogestione delle proprie risorse.
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