Nel corso del XII il Comune di Bologna era stato guidato dapprima da membri dell’aristocrazia, poi affiancati da qualche esponente delle professioni più in vista, come mercanti e cambiatori. Tra 1220 e 1227 la parte nobiliare riuscì ad estromettere dal governo la parte popolare che reagì duramente. Capeggiati da Giuseppe Toschi, un mercante bolognese d’origine toscana, i membri del populus insorsero nel 1228 e sostituirono la Curia del Podestà (un organo di governo nobiliare) con il Consiglio Generale e il Consiglio degli Anziani e Consoli, due nuovi organismi Controllati da esponenti delle arti e mestieri della città. Tutte queste riforme avevano il compito di rendere più rappresentativo il governo della città, in modo che anche i più alti esponenti della borghesia potessero avere voce in capitolo nelle scelte dell’amministrazione.
Infatti, benché ci si riferisca all’avvenimento con il nome di rivolta antimagnatizia e benché la fazione di Giuseppe Toschi sia chiamata populus non bisogna pensare che la rivolta avesse
portato la plebe in una posizione di governo. Esso era piuttosto composto da tutti gli esponenti dei nuovi ceti mercantili e produttivi che, benché avessero un grande peso economico, si
vedevano ancora negati i diritti a partecipare alla vita politica del comune. I magnati, al contrario, erano quei nobili che non reputarono necessario allargare la base di governo. Sotto il nuovo governo popolare la città vide l’elaborazione del Liber Paradisus (1257) e dei suoi nuovi Statuti che concernevano, regolandoli, tutti gli aspetti della vita cittadina.
Antonio Marson Franchini