Nel corso degli anni ’60 del XVI secolo papa Pio IV decise, attraverso l’azione del cardinal legato Carlo Borromeo e il suo vice legato Pier Donato Cesi, di donare una nuova immagine monumentale alla città di Bologna. Tra 1562 e 1563 il vice legato Cesi sovraintese alla costruzione del palazzo dell’Archiginnasio concepito come sede definitiva ed unitaria dello Studium bolognese che, dalla sua creazione, era rimasto disperso tra varie sedi. L’architetto scelto da Cesi fu Antonio Terribilia che portò a termine la costruzione il 21 ottobre del 1563. La particolarità della nuova sede dell’università non è solo la massiccia presenza degli stemmi degli studenti (alcuni provenienti anche dal Nuovo Mondo) ma anche la sua posizione. La costruzione impedì infatti il completamento del transetto della basilica di San Petronio. Nonostante la vulgata affermi che “San Petronio doveva diventare la Chiesa più grande del mondo […] ma il Papa non lo ha permesso” l’azione della legazione papale non fu diretta contro San Petronio quanto più contro l’indipendenza dell’università che, finalmente dotata di una sede centrale, divenne facilmente controllabile dalla pubblica autorità. Che la costruzione avesse bloccato il completamento di San Petronio fu un danno collaterale che certamente non dispiacque alla corte papale che così vide il primato di San Pietro rimanere intatto di fronte alla sfrontatezza di un Comune come Bologna. San Petronio non venne però abbandonata e, soprattutto sul finire del secolo, furono diversi i progetti presentati per completamento della facciata, da quello dello stesso Terribilia e quello del Palladio. Ma, nonostante non si riuscì a completare la basilica, Bologna assunse un volto nuovo soprattutto nei suoi centri di potere infatti il nome del vice legato Cesi rimase legato a Bologna anche per la creazione della fontana del Nettuno realizzata dal Giambologna, la creazione della facciata del palazzo dei Banchi, dell’ospedale della Morte, l’apertura di strade come l’odierna via Urbana e il totale riassetto di piazza Maggiore.
Antonio Marson Franchini