Lo scontro ideologico tra il papato e Bologna comportò una reazione del milieu culturale bolognese. Con l’emanazione, da parte di Sisto V, della Bulla Confiscationis del 1588 i bolognesi si videro sottoposti al controllo diretto della Camera Apostolica. In reazione il Senato riprese ed utilizzò i capitoli di Niccolò V del 1447 per argomentare, di fronte alle azioni papali, i diritti che possedeva sull’autogestione delle proprie risorse. Bologna aveva un proprio fisco e portava immagine e nome di repubblica e per questi motivi non poteva essere soggetta al controllo della Camera Apostolica. Nasceva così un discorso sulla Libertas Bononiae che però non prevedeva un desiderio di indipendenza. I bolognesi volevano che la loro restasse una sudditanza nei confronti di un potere amico e lieve, si sentivano onorati di essere sudditi del papa, fintantoché ciò non avesse comportato l’essere dominati direttamente dallo stato pontificio. Lo stesso ambasciatore in Roma, Camillo Paleotti scrisse un trattato intitolato De Republica, dedicandolo al pontefice, per denunciare la situazione nella quale, a causa della bolla, la città versava. Nel breve scritto ritroviamo tutti gli elementi del dibattito politico-giuridico del XVI secolo: sovranità popolare, Imperium, consenso, police e giustizia, etc. Il dibattito proseguì anche nel secolo successivo quando il segretario maggiore del Senato Ciro Spontone (1600-1602) redasse l’opera: Lo Stato, il Governo et i Magistrati della Città di Bologna. All’interno dell’opera troviamo una nuova definizione del governo misto che appare “perfetto” perché composto di potere regio (papale), ottimato (Senato di 50 patrizi e Anziani Consoli) e popolare (i Tribuni della Plebe e i Massari delle Arti).
Antonio Marson Franchini